Arte etrusca. Coroplastica: il passato e il futuro

L’Etruria non fu un territorio unito, ma una confederazione di città-stato indipendenti, a volte alleate e a volte rivali tra di loro. Tali città erano culturalmente molto simili, producevano tuttavia opere d’arte secondo i propri gusti e richieste delle famiglie che le dominavano.

La geografia ha avuto un ruolo molto importante per il popolo etrusco che viveva nelle zone costiere.  Cerveteri per via del suo migliore accesso al commercio marittimo, dato dal porto di Pyrgi, divenne molto più cosmopolita per popolazione e prospettive artistiche rispetto ad altre città dell’entroterra dell’Etruria.

Quella etrusca fu una civiltà che sviluppò una propria arte e un proprio artigianato avvalendosi anche di artisti e artigiani “esteri” chiamati o accolti come emigrati in Etruria. Tra gli Etruschi e gli “stranieri” come per esempio i Greci, ci fu un importante e rivoluzionario scambio culturale nell’ambito artistico.

I maestri dell’arte etrusca acquisirono dai loro colleghi stranieri le tecniche più raffinate della pittura vascolare e della scultura della pietra. Altre forme artistiche come il taglio delle gemme, l’oreficeria, la lavorazione dei metalli e della terracotta, furono i campi in cui gli etruschi avevano una maggiore conoscenza tecnica, adottata da altri popoli.

Eccellenti artigiani nella lavorazione del bronzo, gli Etruschi erano abili fabbricanti di utensili per la casa, armi, oggetti artistici come per esempio le statue e gli specchi. Trovati a centinaia nelle necropoli, gli specchi facevano parte del corredo funerario delle donne etrusche famose per la loro bellezza, per il trucco e la cura del corpo. Il lato riflettente dello specchio era lucido e convesso, l’altro lato, concavo, era molto elaborato e adornato con diverse incisioni che riprendevano i temi della mitologia greca e della vita quotidiana.

Di bronzo è anche la maschera di una Gorgone rinvenuta a Cerveteri, in località San Paolo non lontano dalla Necropoli di Monte Abatone. Fu ritrovata in una tomba, all’interno di un bacile, anch’esso di bronzo, probabilmente era appesa a una parete con funzione forse propiziatoria.

Le Gorgoni sono tre sorelle mostruose, la più conosciuta tra loro è Medusa. Figure mitologiche capaci di pietrificare chi le guardasse, le Gorgoni sono rappresentate con serpenti al posto dei capelli, il naso suino e la bocca con lingua pendula e con quattro possenti zanne.

Gli Etruschi non avevano materiale pregiato come il marmo per realizzare le sculture. Per creare i loro oggetti usavano la pietra calcarea e l’argilla dalla quale ottenevano la terracotta. Questo tipo di ceramica è certamente il più antico, ottenuto attraverso la lavorazione di creta ricca di ossido di ferro che conferisce agli oggetti realizzati con questo materiale, la tipica colorazione naturale che va dal giallo al rosso.

La “coroplastica” (dal greco chòra terra e plastikòs modellato e significa “lavorazione della terra o, meglio, dell’argilla) era un’attività molto utilizzata come forma di espressione. Dopo aver plasmato l’oggetto, esso viene cotto in un forno e, a seconda della purezza del materiale utilizzato e dalle differenti temperature usate, si ottengono diversi tipi di ceramiche che vanno dalla terracotta alla più raffinata porcellana.

La ceramica in terracotta etrusca era fortemente collegata all’uso religioso e funerario come, per esempio, i sarcofagi e i vasi canopi, che servivano a conservare le ceneri dei defunti.  Famosissimo è il Sarcofago degli Sposi, urna monumentale capolavoro dell’arte etrusca, ritrovato nella necropoli di Cerveteri. Altri oggetti erano le offerte votive per onorare gli Dèi, oppure erano destinati a riempire le tombe o ancora servivano per decorare i templi.

Le antefisse di terracotta che venivano utilizzate nelle decorazioni templari, avevano varie forme come, per esempio, volti femminili o maschili, sereni o mostruosi come le Gorgoni, oppure forme differenti che vanno dalla palma all’animale. Quelle mostruose servivano forse anche ad allontanare il malocchio, ma sono comunque bellissime. Alcune antefisse erano forate e servivano come scarico delle acque piovane, altre invece bloccavano la fila di tegole poste dietro di loro.

Nel sito archeologico di Pyrgi, sono stati rinvenuti i resti delle mura perimetrali di due importanti templi etruschi identificati come “Tempio B” il più antico e “Tempio A” il più recente costruito, quest’ultimo, dopo il saccheggio e la distruzione del primo tempio da parte dei Siracusani.

La scultura raffigurante un demone con la testa di gallo è una delle antefisse a figura intera che ornava il tetto dell’edificio delle “Venti Celle” facente parte del tempio B. Nel tempio A, sono state ritrovate due raffinate antefisse a testa di Sileno e di Menade e il frontone posteriore del tempio che rappresenta il mito dei “Sette contro Tebe”, ritenuto uno dei più grandi capolavori dell’arte di tutti i tempi.

La testa di Leucotea, la Dea Bianca, è stata ritrovata anch’essa fra i resti del tempio A, a lei dedicato. Il bellissimo e prezioso reperto conserva ancora tutto il suo fascino: tra i capelli riccioluti mossi dal vento è ancora visibile la colorazione rossa originale come pure quella del nero delle ciglia e dell’iride. È presente ancora il bianco della pelle del volto, candore che era un’usanza delle donne dell’epoca e in particolare per le Dee. La Dea Bianca, detta anche “stella del mare”, era protettrice dei marinai, degli stranieri e dei rifugiati.

In origine i manufatti etruschi di terracotta erano grossolani e privi di decorazioni. Le prime ceramiche più raffinate e dipinte furono ad imitazione di quelle greche, arrivate in Etruria attraverso gli scambi commerciali con le isole del mar Egeo.

I disegni erano soprattutto di tipo geometrico ma con l’intensificarsi dello scambio culturale e di merci con le popolazioni del Mediterraneo, la ceramografia si arricchisce di nuovi soggetti. Nelle decorazioni appaiono figure dipinte in nero di esseri umani, animali, piante e scene di narrazione mitologica. Più avanti verranno dipinti i vasi di nero per poi decorarli con figure rosse nelle quali si nota l’interesse per la mitologia greca e l’anatomia.

L’arte etrusca non è solo imitazione.  I maestri vasai dell’antica Cerveteri produssero il bùcchero, un nuovo e particolare tipo di ceramica di colore nero lucido, usato per la produzione di terraglie a costi inferiori rispetto al vasellame ricavato dalla lavorazione del metallo.

Inizialmente i vasi e gli altri oggetti avevano uno spessore molto sottile per cui venivano decorati con graffiti a forme geometriche o a ventaglio. Con l’aumento ed il diffondersi della produzione, i manufatti si ispessirono e fu possibile abbellirli con lavorazione a stampo.

Con il bùcchero si realizzavano oggetti di fattezze diverse che servivano sia come stoviglie per banchetti e simposi, sia per arricchire i corredi funerari.

Tra le forme più diffuse ricordiamo l’oinochoe, vaso simile alla brocca, utilizzato per versare vino e acqua, il kantharos che riprende la forma del calice al quale vengono aggiunte alti manici  a forma di anse,  la kylix coppa per il vino, che veniva usata anche per il gioco del kottabos.

Alcune forme sono di importazione orientale, altre di tradizione Etrusca.

Il Realismo è una corrente artistica che rappresenta autenticamente la vita nella sua normalità e quotidianità. Possiamo dire che gli Etruschi sono stati degni rappresentanti di questo movimento prima dei famosi maggiori esponenti dell’era moderna.

La vita quotidiana degli etruschi non è facile da ricostruire per la poca disponibilità di testimonianze scritte. La conoscenza di base degli usi e costumi di questo popolo si è potuta ricreare unicamente grazie all’osservazione minuziosa degli affreschi nelle pareti e degli arredi funerari contenuti nelle tombe, spesso di carattere famigliare.

Dall’interpretazione delle decorazioni sulle urne, sarcofagi e ceramiche, dagli oggetti comuni sia maschili che femminili, dai dettagli di affreschi e bassorilievi, rinvenuti nelle tombe delle necropoli, è stato possibile dare vita ad un popolo vissuto migliaia di anni fa.

La sepoltura era per gli Etruschi una pratica particolare perché la morte era concepita come il proseguimento della vita. La tomba era quindi costruita come la casa in cui il defunto ha vissuto e doveva contenere tutto ciò che utilizzava durante la sua esistenza terrena. Gli arredi funerari variavano a seconda del rango sociale e della condizione economica del defunto e della famiglia di origine.

La Banditaccia di Cerveteri, necropoli nominata dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità, è un’area protetta e organizzata anche per visite guidate. Fuori di essa, a perdita d’occhio e alla portata di tutti, c’è una distesa di tombe etrusche che rappresenta la più grande cava di beni archeologici della Terra.

Riportare alla luce una sepoltura etrusca intatta dopo migliaia di anni, è oggi un evento di inestimabile importanza archeologica.

Purtroppo, ci sono anche I tombaroli che effettuano abusivamente scavi archeologici alla ricerca di oggetti preziosi per venderli a ricettatori che li immettono nel mercato nero del commercio dei reperti.

I predatori di tombe, li possiamo chiamare proprio così, violano le sepolture, contenitori di informazioni, trafugando oggetti importanti stravolgendo anche la stratificazione, tutti elementi fondamentali agli studi dei ricercatori.

La parola “tombarolo” fu inizialmente associata alle notevoli attenzioni che nell’Ottocento si erano concentrate intorno alle tombe etrusche scoperte nel Lazio e in Toscana.

Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, in quegli anni fu nominato principe di Canino, in provincia di Viterbo, da papa Pio VII. Il nobiluomo intuì il valore economico dei reperti ritrovati nella necropoli rinvenuta nel territorio che governava e, mosso dalla passione per l’archeologia e dalla necessità di risanare le proprie finanze, diede inizio al commercio di quei preziosi oggetti.

L’interesse per il contrabbando dei manufatti ritrovati, in particolar modo nell’area dell’Etruria, proseguì fino al Novecento, intensificandosi nel secondo dopoguerra. Nel periodo post-bellico, i tombaroli non erano ancora criminali di professione, ma cittadini che trovavano nel trafugamento di oggetti di valore da siti archeologici non ancora scoperti, un’opportunità per integrare le proprie entrate.

Con il passare del tempo, lo spaccio di reperti archeologici divenne un vero e proprio commercio illecito raggiungendo un giro di affari a cifre astronomiche. Un eclatante esempio è quello del cratere di Eufronio, trafugato in una delle necropoli nel territorio di Cerveteri. Venduto dai tombaroli ai trafficanti e, dopo essere passato in diverse mani, fu acquistato ad un prezzo elevatissimo da un prestigioso museo statunitense, dove è stato esposto per più di trenta anni.

Grazie a una indagine della Procura di Roma, affidata ai Carabinieri, e al sostegno governativo, si aprì un canale diplomatico con gli USA e, finalmente nel 2008, il cratere di Eufronio rientrò in Italia.

Il manufatto di inestimabile valore è tornato a Cerveteri, sua terra di origine, dove viene custodito ed esposto nel museo della città.

I trafugatori non erano puniti se non trovati in fragranza di reato e il commercio clandestino del materiale antico sottratto, godeva di pochi controlli, finché con la legge n. 22 del 9 marzo 2022 è stato introdotto il reato contro il patrimonio culturale con pene severe anche per chi alimenta il traffico illecito di beni culturali. Nonostante l’inasprirsi delle pene e i maggiori controlli per la tutela del patrimonio artistico del nostro Paese, la piaga degli scavi abusivi e del commercio illecito dei reperti archeologici, non è stata sanata.

In ogni zona di interesse archeologico, una parte dell’economia gira ancora intorno al commercio di reperti, che siano essi autentici, o falsi prodotti dal lavoro sommerso di eccellenti artisti.

Ma un’alternativa esiste e la testimonia, proprio a Cerveteri, una bellissima storia che merita di essere brevemente raccontata.

Un ragazzo quasi quarantenne, nato e cresciuto a Cerveteri, da quando era adolescente si è appassionato all’arte etrusca della ceramica. Dopo una approfondita valutazione di quale fosse l’obiettivo che voleva raggiungere, ha deciso di lasciare il suo lavoro e dedicarsi alla sua passione. Lottando contro i pregiudizi che avvolgono il mondo della riproduzione di oggetti archeologici, ha fatto del suo hobby il suo lavoro.

Questo straordinario artista, usando l’argilla del territorio, producendo i colori macinando e mescolando pietre e minerali e costruendo gli arnesi simili a quelli usati dagli etruschi, riproduce alla loro maniera copie di importanti reperti archeologici apponendo la propria firma. I suoi lavori sono apprezzati e richiestissimi in tutto il mondo e vengono esposti nei musei al fianco degli originali.

Come quella degli etruschi, l’arte di questo cittadino ceretano, non è solo imitazione. I suoi manufatti sono pezzi unici sui quali sono raffigurate scene frutto del suo estro e della sua fervida immaginazione.

Come le numerose testimonianze artistiche, l’analisi della stratigrafia delle grandi quantità di ceramiche rinvenute negli scavi archeologici, attestano l’importanza ed il valore avuti dall’attività dei ceramisti etruschi per ricomporre un passato che altrimenti sarebbe rimasto un mistero, così anche oggi è possibile ideare e produrre “ceramiche” moderne con l’anima del passato e farne oggetto di marketing territoriale, oltre che di business e di creazione occupazionale.

Difatti, le ceramiche etrusche sono apprezzate e richieste ancora oggi da appassionati di quella antica arte e da strutture museali.

Gli oggetti realizzati in stile etrusco da maestri ceramisti contemporanei, sono in grado di raggiungere, perciò, mete lontane come millenni fa e, come allora, essere una importante fonte di esportazione del made in Etruria.

(Testo di Emanuela Battistello)

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Intervista a Roberto Paolini, artigiano

Arte etrusca. Coroplastica: il passato e il futuro

L’Etruria non fu un territorio unito, ma una confederazione di città-stato indipendenti, a volte alleate e a volte rivali tra di loro. Tali città erano culturalmente molto simili, producevano tuttavia opere d’arte secondo i propri gusti e richieste delle famiglie che le dominavano.

La geografia ha avuto un ruolo molto importante per il popolo etrusco che viveva nelle zone costiere.  Cerveteri per via del suo migliore accesso al commercio marittimo, dato dal porto di Pyrgi, divenne molto più cosmopolita per popolazione e prospettive artistiche rispetto ad altre città dell’entroterra dell’Etruria.

Quella etrusca fu una civiltà che sviluppò una propria arte e un proprio artigianato avvalendosi anche di artisti e artigiani “esteri” chiamati o accolti come emigrati in Etruria. Tra gli Etruschi e gli “stranieri” come per esempio i Greci, ci fu un importante e rivoluzionario scambio culturale nell’ambito artistico.

I maestri dell’arte etrusca acquisirono dai loro colleghi stranieri le tecniche più raffinate della pittura vascolare e della scultura della pietra. Altre forme artistiche come il taglio delle gemme, l’oreficeria, la lavorazione dei metalli e della terracotta, furono i campi in cui gli etruschi avevano una maggiore conoscenza tecnica, adottata da altri popoli.

Eccellenti artigiani nella lavorazione del bronzo, gli Etruschi erano abili fabbricanti di utensili per la casa, armi, oggetti artistici come per esempio le statue e gli specchi. Trovati a centinaia nelle necropoli, gli specchi facevano parte del corredo funerario delle donne etrusche famose per la loro bellezza, per il trucco e la cura del corpo. Il lato riflettente dello specchio era lucido e convesso, l’altro lato, concavo, era molto elaborato e adornato con diverse incisioni che riprendevano i temi della mitologia greca e della vita quotidiana.

Di bronzo è anche la maschera di una Gorgone rinvenuta a Cerveteri, in località San Paolo non lontano dalla Necropoli di Monte Abatone. Fu ritrovata in una tomba, all’interno di un bacile, anch’esso di bronzo, probabilmente era appesa a una parete con funzione forse propiziatoria.

Le Gorgoni sono tre sorelle mostruose, la più conosciuta tra loro è Medusa. Figure mitologiche capaci di pietrificare chi le guardasse, le Gorgoni sono rappresentate con serpenti al posto dei capelli, il naso suino e la bocca con lingua pendula e con quattro possenti zanne.

Gli Etruschi non avevano materiale pregiato come il marmo per realizzare le sculture. Per creare i loro oggetti usavano la pietra calcarea e l’argilla dalla quale ottenevano la terracotta. Questo tipo di ceramica è certamente il più antico, ottenuto attraverso la lavorazione di creta ricca di ossido di ferro che conferisce agli oggetti realizzati con questo materiale, la tipica colorazione naturale che va dal giallo al rosso.

La “coroplastica” (dal greco chòra terra e plastikòs modellato e significa “lavorazione della terra o, meglio, dell’argilla) era un’attività molto utilizzata come forma di espressione. Dopo aver plasmato l’oggetto, esso viene cotto in un forno e, a seconda della purezza del materiale utilizzato e dalle differenti temperature usate, si ottengono diversi tipi di ceramiche che vanno dalla terracotta alla più raffinata porcellana.

La ceramica in terracotta etrusca era fortemente collegata all’uso religioso e funerario come, per esempio, i sarcofagi e i vasi canopi, che servivano a conservare le ceneri dei defunti.  Famosissimo è il Sarcofago degli Sposi, urna monumentale capolavoro dell’arte etrusca, ritrovato nella necropoli di Cerveteri. Altri oggetti erano le offerte votive per onorare gli Dèi, oppure erano destinati a riempire le tombe o ancora servivano per decorare i templi.

Le antefisse di terracotta che venivano utilizzate nelle decorazioni templari, avevano varie forme come, per esempio, volti femminili o maschili, sereni o mostruosi come le Gorgoni, oppure forme differenti che vanno dalla palma all’animale. Quelle mostruose servivano forse anche ad allontanare il malocchio, ma sono comunque bellissime. Alcune antefisse erano forate e servivano come scarico delle acque piovane, altre invece bloccavano la fila di tegole poste dietro di loro.

Nel sito archeologico di Pyrgi, sono stati rinvenuti i resti delle mura perimetrali di due importanti templi etruschi identificati come “Tempio B” il più antico e “Tempio A” il più recente costruito, quest’ultimo, dopo il saccheggio e la distruzione del primo tempio da parte dei Siracusani.

La scultura raffigurante un demone con la testa di gallo è una delle antefisse a figura intera che ornava il tetto dell’edificio delle “Venti Celle” facente parte del tempio B. Nel tempio A, sono state ritrovate due raffinate antefisse a testa di Sileno e di Menade e il frontone posteriore del tempio che rappresenta il mito dei “Sette contro Tebe”, ritenuto uno dei più grandi capolavori dell’arte di tutti i tempi.

La testa di Leucotea, la Dea Bianca, è stata ritrovata anch’essa fra i resti del tempio A, a lei dedicato. Il bellissimo e prezioso reperto conserva ancora tutto il suo fascino: tra i capelli riccioluti mossi dal vento è ancora visibile la colorazione rossa originale come pure quella del nero delle ciglia e dell’iride. È presente ancora il bianco della pelle del volto, candore che era un’usanza delle donne dell’epoca e in particolare per le Dee. La Dea Bianca, detta anche “stella del mare”, era protettrice dei marinai, degli stranieri e dei rifugiati.

In origine i manufatti etruschi di terracotta erano grossolani e privi di decorazioni. Le prime ceramiche più raffinate e dipinte furono ad imitazione di quelle greche, arrivate in Etruria attraverso gli scambi commerciali con le isole del mar Egeo.

I disegni erano soprattutto di tipo geometrico ma con l’intensificarsi dello scambio culturale e di merci con le popolazioni del Mediterraneo, la ceramografia si arricchisce di nuovi soggetti. Nelle decorazioni appaiono figure dipinte in nero di esseri umani, animali, piante e scene di narrazione mitologica. Più avanti verranno dipinti i vasi di nero per poi decorarli con figure rosse nelle quali si nota l’interesse per la mitologia greca e l’anatomia.

L’arte etrusca non è solo imitazione.  I maestri vasai dell’antica Cerveteri produssero il bùcchero, un nuovo e particolare tipo di ceramica di colore nero lucido, usato per la produzione di terraglie a costi inferiori rispetto al vasellame ricavato dalla lavorazione del metallo.

Inizialmente i vasi e gli altri oggetti avevano uno spessore molto sottile per cui venivano decorati con graffiti a forme geometriche o a ventaglio. Con l’aumento ed il diffondersi della produzione, i manufatti si ispessirono e fu possibile abbellirli con lavorazione a stampo.

Con il bùcchero si realizzavano oggetti di fattezze diverse che servivano sia come stoviglie per banchetti e simposi, sia per arricchire i corredi funerari.

Tra le forme più diffuse ricordiamo l’oinochoe, vaso simile alla brocca, utilizzato per versare vino e acqua, il kantharos che riprende la forma del calice al quale vengono aggiunte alti manici  a forma di anse,  la kylix coppa per il vino, che veniva usata anche per il gioco del kottabos.

Alcune forme sono di importazione orientale, altre di tradizione Etrusca.

Il Realismo è una corrente artistica che rappresenta autenticamente la vita nella sua normalità e quotidianità. Possiamo dire che gli Etruschi sono stati degni rappresentanti di questo movimento prima dei famosi maggiori esponenti dell’era moderna.

La vita quotidiana degli etruschi non è facile da ricostruire per la poca disponibilità di testimonianze scritte. La conoscenza di base degli usi e costumi di questo popolo si è potuta ricreare unicamente grazie all’osservazione minuziosa degli affreschi nelle pareti e degli arredi funerari contenuti nelle tombe, spesso di carattere famigliare.

Dall’interpretazione delle decorazioni sulle urne, sarcofagi e ceramiche, dagli oggetti comuni sia maschili che femminili, dai dettagli di affreschi e bassorilievi, rinvenuti nelle tombe delle necropoli, è stato possibile dare vita ad un popolo vissuto migliaia di anni fa.

La sepoltura era per gli Etruschi una pratica particolare perché la morte era concepita come il proseguimento della vita. La tomba era quindi costruita come la casa in cui il defunto ha vissuto e doveva contenere tutto ciò che utilizzava durante la sua esistenza terrena. Gli arredi funerari variavano a seconda del rango sociale e della condizione economica del defunto e della famiglia di origine.

La Banditaccia di Cerveteri, necropoli nominata dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità, è un’area protetta e organizzata anche per visite guidate. Fuori di essa, a perdita d’occhio e alla portata di tutti, c’è una distesa di tombe etrusche che rappresenta la più grande cava di beni archeologici della Terra.

Riportare alla luce una sepoltura etrusca intatta dopo migliaia di anni, è oggi un evento di inestimabile importanza archeologica.

Purtroppo, ci sono anche I tombaroli che effettuano abusivamente scavi archeologici alla ricerca di oggetti preziosi per venderli a ricettatori che li immettono nel mercato nero del commercio dei reperti.

I predatori di tombe, li possiamo chiamare proprio così, violano le sepolture, contenitori di informazioni, trafugando oggetti importanti stravolgendo anche la stratificazione, tutti elementi fondamentali agli studi dei ricercatori.

La parola “tombarolo” fu inizialmente associata alle notevoli attenzioni che nell’Ottocento si erano concentrate intorno alle tombe etrusche scoperte nel Lazio e in Toscana.

Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, in quegli anni fu nominato principe di Canino, in provincia di Viterbo, da papa Pio VII. Il nobiluomo intuì il valore economico dei reperti ritrovati nella necropoli rinvenuta nel territorio che governava e, mosso dalla passione per l’archeologia e dalla necessità di risanare le proprie finanze, diede inizio al commercio di quei preziosi oggetti.

L’interesse per il contrabbando dei manufatti ritrovati, in particolar modo nell’area dell’Etruria, proseguì fino al Novecento, intensificandosi nel secondo dopoguerra. Nel periodo post-bellico, i tombaroli non erano ancora criminali di professione, ma cittadini che trovavano nel trafugamento di oggetti di valore da siti archeologici non ancora scoperti, un’opportunità per integrare le proprie entrate.

Con il passare del tempo, lo spaccio di reperti archeologici divenne un vero e proprio commercio illecito raggiungendo un giro di affari a cifre astronomiche. Un eclatante esempio è quello del cratere di Eufronio, trafugato in una delle necropoli nel territorio di Cerveteri. Venduto dai tombaroli ai trafficanti e, dopo essere passato in diverse mani, fu acquistato ad un prezzo elevatissimo da un prestigioso museo statunitense, dove è stato esposto per più di trenta anni.

Grazie a una indagine della Procura di Roma, affidata ai Carabinieri, e al sostegno governativo, si aprì un canale diplomatico con gli USA e, finalmente nel 2008, il cratere di Eufronio rientrò in Italia.

Il manufatto di inestimabile valore è tornato a Cerveteri, sua terra di origine, dove viene custodito ed esposto nel museo della città.

I trafugatori non erano puniti se non trovati in fragranza di reato e il commercio clandestino del materiale antico sottratto, godeva di pochi controlli, finché con la legge n. 22 del 9 marzo 2022 è stato introdotto il reato contro il patrimonio culturale con pene severe anche per chi alimenta il traffico illecito di beni culturali. Nonostante l’inasprirsi delle pene e i maggiori controlli per la tutela del patrimonio artistico del nostro Paese, la piaga degli scavi abusivi e del commercio illecito dei reperti archeologici, non è stata sanata.

In ogni zona di interesse archeologico, una parte dell’economia gira ancora intorno al commercio di reperti, che siano essi autentici, o falsi prodotti dal lavoro sommerso di eccellenti artisti.

Ma un’alternativa esiste e la testimonia, proprio a Cerveteri, una bellissima storia che merita di essere brevemente raccontata.

Un ragazzo quasi quarantenne, nato e cresciuto a Cerveteri, da quando era adolescente si è appassionato all’arte etrusca della ceramica. Dopo una approfondita valutazione di quale fosse l’obiettivo che voleva raggiungere, ha deciso di lasciare il suo lavoro e dedicarsi alla sua passione. Lottando contro i pregiudizi che avvolgono il mondo della riproduzione di oggetti archeologici, ha fatto del suo hobby il suo lavoro.

Questo straordinario artista, usando l’argilla del territorio, producendo i colori macinando e mescolando pietre e minerali e costruendo gli arnesi simili a quelli usati dagli etruschi, riproduce alla loro maniera copie di importanti reperti archeologici apponendo la propria firma. I suoi lavori sono apprezzati e richiestissimi in tutto il mondo e vengono esposti nei musei al fianco degli originali.

Come quella degli etruschi, l’arte di questo cittadino ceretano, non è solo imitazione. I suoi manufatti sono pezzi unici sui quali sono raffigurate scene frutto del suo estro e della sua fervida immaginazione.

Come le numerose testimonianze artistiche, l’analisi della stratigrafia delle grandi quantità di ceramiche rinvenute negli scavi archeologici, attestano l’importanza ed il valore avuti dall’attività dei ceramisti etruschi per ricomporre un passato che altrimenti sarebbe rimasto un mistero, così anche oggi è possibile ideare e produrre “ceramiche” moderne con l’anima del passato e farne oggetto di marketing territoriale, oltre che di business e di creazione occupazionale.

Difatti, le ceramiche etrusche sono apprezzate e richieste ancora oggi da appassionati di quella antica arte e da strutture museali.

Gli oggetti realizzati in stile etrusco da maestri ceramisti contemporanei, sono in grado di raggiungere, perciò, mete lontane come millenni fa e, come allora, essere una importante fonte di esportazione del made in Etruria.

(Testo di Emanuela Battistello)

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Intervista a Roberto Paolini, artigiano